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Musicoterapia: Perché la musica ci dà i brividi?

L'altro giorno ero in macchina e stavo ascoltando una canzone che mi piace molto e mi sono ritrovata con la pelle d'oca. Un po' di giorni prima una trasmissione televisiva trasmette un pezzo di un concerto di un artista che non mi fa impazzire ma mi ritrovo di nuovo le braccia con la pelle d'oca. Io sono una grossa fan della musicoterapia, secondo me la musica     è uno strumento per abbassare lo stress, rilassarsi e dare ben-essere. Ascoltare musica dal vivo è una coccola per la nostra anima e durante i concerti è probabile che provare brividi.

Ma cos'è la pelle d'oca? 
È un meccanismo che probabilmente ai nostri antenati serviva a segnalare altro: oggi forse può dirci qualcosa sulla nostra personalità

La cosiddetta “pelle d’oca”, cioè un’improvvisa scarica di “brividi” avvertita dal nostro corpo e visibile anche a occhio nudo – per esempio grazie all’allungamento dei peli sulle braccia – è un fenomeno piuttosto comune: avviene in corrispondenza di stimoli esterni come una folata di aria fredda oppure un evento particolarmente coinvolgente dal punto di vista emotivo (la prima è un residuo di quando avevamo peli molto più folti, la seconda è causata da una scarica di dopamina). Molte persone – fra la metà e i due terzi di noi – avvertono una scarica di brividi anche quando ascoltano una canzone particolarmente coinvolgente: un recente studio ha provato a spiegare perché alcune persone siano più inclini di altre a provare questo tipo di “brividi”, e se questo possa essere causato dalla loro personalità (anche se finora gli studi su quest’ultimo tema sono ancora agli inizi).

Cosa sono i “brividi”, per iniziare:
Mitchell Colver della Utah State University (Stati Uniti) è uno dei due coautori dello studio più recente sul rapporto tra brividi e musica. Spiega che la “pelle d’oca” in generale è innescata da stimoli esterni di natura molto diversa. Un tempo era probabilmente una conseguenza del cambiamento di temperatura esterna: la pelle si raggrinzisce e i peli si allungano per ridurre la dispersione di calore (più o meno come succede a diversi animali). Ora che la nostra pelle è coperta da pochissimi peli, questo meccanismo di conservazione del calore è diventato abbastanza obsoleto: Colver però ha spiegato che«la struttura psicologica [dei brividi] è rimasta, e può avere ricevuto il nuovo “incarico” di produrre una reazione a forti stimoli emotivi».
Sul Guardian il giornalista David Shariatmadari ha spiegato che diverse ricerche hanno rilevato un’intensa attività del Nucleus accumbens, un sistema di neuroni situato in una sezione molto profonda del cervello che è coinvolto fondamentalmente nella gestione del piacere, durante i brividi. La neuroscienziata Julia Grahn ha spiegato a Shariatmadari che quando avvertiamo i brividi «funziona quella che noi chiamiamo la “struttura della ricompensa”: risponde a una serie di ricompense biologiche come il cibo, il sesso o la droga. E il neurotrasmettitore che viene rilasciato in queste occasioni, la dopamina, è lo stesso che viene attivato da droghe come la cocaina o l’anfetamina o da intense esperienze di piacere».
Non è ancora chiarissimo per quali motivi la musica inneschi la scarica di dopamina associata ai brividi: alcuni sostengono che c’entrino gli elementi “sorprendenti” di una certa canzone, e quindi riproducibili “a tavolino” al suo interno; altri dicono che al contrario più conosciamo bene una canzone e la troviamo familiare, e più provoca reazioni emotive forti. Sappiamo solo che può essere provocata da qualsiasi genere musicale, dal jazz al pop alla musica elettronica. Stiamo comunque parlando di un fenomeno noto, e che da qualche tempo ha anche un piccolo pubblico di cultori: sul social network Reddit esiste un forum intitolato Frisson – la parola francese usata per descrivere i brividi – in cui vengono regolarmente segnalati canzoni, video e testi che provocano i brividi.

La personalità c’entra qualcosa?

Sembra di sì, secondo la ricerca di Colver. Per il suo studio ha coinvolto in un esperimento 100 studenti universitari, a cui sono stati fatti ascoltare cinque pezzi di canzoni che secondo ricerche precedenti sono note per “dare i brividi”. La loro reazione è stata valutata combinando i risultati registrati da un sensore che misurava in tempo reale la resistenza elettrica della loro pelle e dei feedback dati dagli stessi partecipanti (ogni volta che sentivano i brividi, dovevano premere un tasto davanti a loro). Le cinque canzoni utilizzate dall’esperimento sono state:



Colver ha spiegato che ognuna di queste canzoni contiene almeno un passaggio “da brividi”, in posizioni varie. Incrociando i dati raccolti dal sensore e dai feedback dei partecipanti con un test sulla loro personalità, è emerso – come già in una ricerca precedente – che le persone che provano i brividi hanno anche una personalità “aperta a sperimentare”. Colver ha anche ipotizzato che un coinvolgimento “intellettuale” rispetto alla musica che si sta ascoltando – cioè una maggiore comprensione della canzone e di come si svilupperà – provochi un numero maggiore di brividi, e di intensità superiore: ma siamo davvero nel campo della speculazione.

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